di Magherini Fiorenzo e Martina  
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Standard Pointer Inglese

Standard di Lavoro
Riportiamo, qui di seguito, lo standard di lavoro del pointer in vigore in Italia, favorevolmente accolto dal Pointer Club Internazionale. L'andatura è di galoppo impetuoso, allungato, velocissimo, con tendenza a grande costanza di ritmo e di direzione rettilinea. Divoratore di terreno, nella traslazione, osservandolo di profilo, si vede il tronco oscillare solo lievemente intorno ad un punto immaginario (centro di figura) che è mantenuto allineato a distanza pressoché invariabile dal suolo, utilizzando così tutto l'impulso dei muscoli alla traslazione. La facilità e l'eleganza del moto rivelano in pari tempo eccezionale potenza e danno affidamento di resistenza inesauribile. La linea dorsale resta diritta, solo la renale si marca verso il basso e scatta come molla mentre gli arti posteriori si protendono indietro al massimo in poderosa sgroppata. Il portamento di testa e di naso è alto, dominatore. Gli orecchi vibrano, ma non sbatacchiano troppo al disopra del cranio. Si direbbe che tutte le facoltà convergano ad un solo scopo: galoppare. Più che una cerca si direbbe una corsa sfrenata, tanto la fiducia nell'olfatto prepotente lo rende sicuro di sé. Piantato il naso nel vento ad incidenza favorevole, poco si abbandona ad esami di dettaglio. La coda è portata secondo il prolungamento del rene, mai più alta, e nella galoppata rettilinea oscilla solo dall'alto in basso. La cerca incrociata si svolge lungo ampie diagonali rettilinee ben spaziate l'una dall'altra. Entrando in un lieve effluvio, devia la cerca verso l'origine presumibile, talvolta incrociando serrato, tal altra con puntata decisa ma senza troppo rallentare il galoppo. Persuaso che si tratta di un falso allarme, riprende la corsa come sopra descritta. Testa e naso sempre alti. Quando, per contro, s'accorge che l'effluvio porta al selvatico, parte in filata (talora facendola precedere da un breve arresto subitaneo) con decisione sicura, a colpi di spada, con tempi di galoppo riunito, inframmezzato da rallentamenti e riprese di trotto serrato o di passo fremente, e di galoppo ancora, per concludere in un arresto subitaneo, di scatto, come se avesse urtato contro una barriera a noi invisibile: la ferma. Eretto, statuario, il collo proteso quasi facente linea con la testa, la canna nasale orizzontale o ben montante, le nari dilatate, gli occhi sbarrati, demoniaci, gli orecchi eretti al massimo, i muscoli salienti, un arto anteriore sovente in completa flessione, ed uno posteriore sovente dimenticato inverosimilmente indietro talora pervaso il corpo da un tremito nervoso che si traduce in vibrazioni lievissime, involontarie, alla punta della coda rigidissima, tesa o leggermente arcuata in basso (mai in alto). E così resta, immobile, con espressione di certezza inesorabile. Quando, per contro entra, tagliandola, in una zona fortemente impregnata di effluvio, così che ha l'immediata certezza della presenza del selvatico, 'scatta sempre' in breve ferma subitanea, e poi parte a 'colpo di spada' come sopra descritto, per filare in ferma definitiva. Se poi si trova d'improvviso a ridosso del selvatico, il che per lui costituisce un incidente spiacevole, ferma definitivamente di scatto, con la testa meno alta, diretta verso il presunto rifugio del perseguitato; talvolta (nei ritorni a cattivo vento) compie per aria una giravolta di 180 gradi e cade come può, ma statuario, già irrigidito quando ancora è in aria, e resta come si trova. In questo caso, e solo in questo, talvolta ferma a terra o accosciato, con conseguenza dell'irrigidimento della ferma e dell'istintivo ritirarsi, per sentirsi troppo a ridosso del selvatico. Quando il selvatico tenta di allontanarsi pedonando, lo indica solo con l'erigersi anche maggiormente, portando la canna nasale decisamente più alta dell'orizzontale. Si direbbe che egli non teme di perdere il fuggitivo. Quasi si diletta a lasciarlo allontanare, come fa il gatto quando gioca con il sorcio. Poi, quando il conduttore si avvicina, riparte a scatti e più spesso insegue la preda non direttamente, ma taglia e ritaglia la direzione seguita dal perseguitato, con rapide, brevi passate (lachets), di galoppo riunito, inframmezzato da qualche brusco accenno a fermarsi, ed infatti conchiude in una nuova forma di scatto. E così via, finché dura la 'guida', che è un susseguirsi di 'strappate'. Sempre eretto o appena flesso sugli arti, ma con lo sterno sempre ben lontano dal terreno, egli vuole e deve sempre dominare nel vento, appoggiandosi sempre e solo all'emanazione diretta. Male si presta al comando di avvicinare troppo il selvatico immobile per determinare il frullo. In ogni caso avanza a strappate. Questo trialer dalla foga divorante (così come il setter inglese) non si presta spontaneamente a modifiche attenuatrici del suo grandioso lavoro in dipendenza di mutamento di selvaggina o d'ambiente; né sono desiderabili in gara, in quanto non e nella possibilità del giudice di valutare quanto possa essere frutto di volontà costrittrice e quanto conseguenza di incapacità o titubanza impeditrice, essendo indiscutibile che solo il lavoro del momento (e non altro precedente o seguente) può essere preso in considerazione. Le azioni descritte corrispondono alle migliori condizioni di ambiente e di selvaggina; venendo queste a difettare, più o meno, quelle saranno proporzionalmente attenuate; ma di questo se ne dovrà fare giusta valutazione. (Esempi: con selvaggina di scarso effluvio, in giornata calma, le ventate saranno più corte e quindi le filate brevi e le ferme più vicine. Il portamento sarà meno eretto e la canna nasale tenderà ad abbassarsi. Con selvatico che non perdona mancherà l'azione di guida. La vegetazione troppo alta renderà i setter inglesi meno gattonanti. In terreno accidentato questi trialer saranno spesso fuori mano, per ritornarvi poco dopo. Selvaggina diffidente potrà frullare spontaneamente a distanze iperboliche). Ma non per questo si dovrà ammettere in gara classica una cerca più ristretta, un portamento di testa basso, una diminuzione decisa di andatura, la sospettosa prudenza sostituita all'audacia, poiché, come già si è osservato, i grandi soggetti male si prestano a radicali transazioni, e d'altra parte si ridurrebbe il lavoro classico ad un 'titolo' basso, accessibile anche alle mediocrità. La ferma di consenso spontaneo è eretta in tutti i fermatori, nella posa della ferma d'autorità, sovente meno tesa; di scatto se i due cani sono molto vicini tra di loro o se quello che consente vede all'improvviso il compagno già in ferma; oppure preceduta da breve filata se il fermatore sul selvatico è lontano.

Le Andature
L'andatura è il modo con cui gli animali si spostano, camminando. Trascuriamo di parlare dell'andatura in regressione (o rinculo), che il pointer, come ogni altro cane, compie in genere solo per accidente: per sottrarsi all'imposizione di procedere o innanzi a un pericolo vero o presunto, eventualmente a precedere la fuga. Il rinculo riveste molta importanza per i cani da tana, per evidenti motivi, e nei bassotti è reso più agevole da una spalla particolarmente flessa, oltre che dalla brevità degli arti. Le andature in progressione si dicono "camminate", allorché vengono eseguite mantenendo almeno un arto in appoggio al suolo. Si dicono "saltate", allorché presentano un momento nel quale l'animale è completamente distaccato dal suolo.

Il Passo
È andatura lenta, poco stancante, camminata. Questo il suo sviluppo: anteriore destro, posteriore sinistro, anteriore sinistro, posteriore destro. Si ha passo ordinario, allungato o raccorciato, a seconda che l'orma del posteriore copra, superi o non raggiunga quella dell'anteriore dello stesso lato. Come, in genere, tutti i galoppatori, il pointer tende "naturalmente" a compiere passo ordinario. E preferisce cadere a trotto raccorciato, piuttosto che allungare il passo.

Il Trotto
Il trotto ordinario è andatura naturale, saltata, diagonale, a due battute - bipede diagonale destro, bipede diagonale sinistro - intervallate da una fase di sospensione. Nel trotto allungato, il tempo di sospensione ha una durata che è uguale o superiore a quello degli appoggi. Il trotto lento, o piccolo trotto, per contro, è andatura camminata. Il pointer, meglio costruito per galoppare, esegue trotto ordinario con estrema disinvoltura, mentre preferisce cadere al galoppo piuttosto che allungare eccessivamente il trotto, salvo che non vi sia costretto (ad esempio, se tenuto al guinzaglio, da conduttore in bicicletta).

L'Ambio
È andatura a due battute, per bipedi laterali: bipede laterale destro, bipede laterale sinistro. Può essere camminata o saltata, come avviene per il cosiddetto ambio da corsa, o, alla francese, ambio vivo. Il pointer non si muove in ambio, se non in condizioni eccezionali e l'ambio non costituisce per lui, e per il cane in genere, andatura naturale. Lo si osserva in animali estremamente affaticati, indeboliti da malattia o vecchiaia o nelle femmine gravide. Può succedere di vedere cadere in ambio, per breve tratto, un pointer tenuto a guinzaglio e costretto a velocità non costante, interrotta da frequenti arresti, che non gli consentano di muoversi agevolmente al passo o al trotto, ovvero di passare agevolmente dall'una all'altra di queste andature.

Il Galoppo
È andatura saltata a tre battute e una sospensione (Paci): posteriore destro, diagonale destro, anteriore sinistro, sospensione. Nel galoppo ordinario, il tempo di sospensione ha durata all'incirca uguale a quella degli appoggi. Va rilevato, peraltro, che cani estremamente veloci sono in grado di effettuare un galoppo con due fasi di sospensione, corrispondenti alle fasi di massima estensione e di massima contrazione, così come rilevato e descritto, con la splendida semplicità di cui è capace, da Piero Renai della Rena nel suo I levrieri. In tal caso, le battute divengono quattro, per dissociazione delle battute del bipede diagonale. Il pointer è ben in grado di eseguire galoppo con doppia sospensione, come è facile osservare in caso di rincorsa di lepre o in turni di prove a grande cerca. Quanti si sono sin qui occupati dì cinematica hanno rilevato e diffusamente descritto le caratteristiche tipiche del "galoppatore velocissimo su brevi distanze", prendendo a parametro il levriero; e quelle del "galoppatore veloce su lunghe distanze", prendendo a parametro il pointer, il che francamente non ci pare di poter condividere. Non dobbiamo infatti dimenticare che il galoppo del pointer è "galoppo di caccia", che si esplica in modo nettamente diverso dal "galoppo di corsa" e "di trasferimento". Il pointer infatti, caccia impiegando l'olfatto ed è pertanto costretto - essendo inalienabile sua caratteristica tipica legata alla funzione – a galoppare mantenendo la testa sull'orizzontale, in linea con il collo, e quanto più possibile immobile, senza che gli sia consentito spostare in modo rilevante il baricentro in avanti-basso (bensì pressoché in avanti soltanto) né accompagnare ogni passo di galoppo sollevando ed abbassando il bilanciere cefalo-cervicale, come invece gli sarebbe consentito se l'andatura potesse essere da lui meno dispendiosamente eseguita senza bisogno d'impegno olfattivo. Si tratta, quindi, di galoppo nettamente meno "economico", se si considera altresì che all'impegno olfattivo consegue la necessità di lunghe inspirazioni, tanto più efficaci a percepire effluvii per quanto più effettuate a bocca chiusa. Chiudiamo con l'invitare il lettore a considerare che, al di là di troppo semplicistiche schematizzazioni, tutti i cani - a qualunque razza appartengano, trottatori o galoppatori che siano qualificati - sono in grado di muoversi disinvoltamente a tutte le andature naturali progressive (passo, trotto e galoppo).

Le Azioni

La Cerca
Al pointer chiediamo di trovare selvaggina dopo averne cercato il sentore, nel vento. Di un pointer - come di qualunque altro cane da ferma, da cerca o da seguita - potremo dire che cerca solo quando lo vedremo darsi da fare per trovare un selvatico, impiegando il naso. Poi, cominceremo a chiederci come cerca, con quanta avidità e soprattutto con quanto metodo. E questo per trarre pronostici sulla sua capacità di trovare. È bene chiarire subito che, a determinare il metodo, non è la razza, ma il selvatico, il vento e il terreno. Non c'è che un metodo per cacciare beccaccini in marcita, cotorni in alpe, quaglie in brughiera o beccacce in bosco; per pointer, bracco, setter, épagneul, cambierà semmai lo stile. E sia semmai, il metodo a condizionare lo stile e non viceversa. E condizionare non significa sacrificare o mortificare. Da queste note dovrebbe risultare chiaro il concetto di "cerca utile", o non sarà nemmeno chiaro il concetto di cerca larga, panoramica, meticolosa, ristretta, incrociata o con qualunque altro aggettivo si accompagni il termine. Poiché un cane da ferma cerca per reperire, reperisce per fermare e ferma per permettere di sparare a chi sta dietro, dovrebbe apparire subito chiaro quel che si intende quando si parla di "cerca utile". A caccia come alle prove - che, quale che ne sia la formula, restano prove per Cani da caccia - o si tiene presente questo concetto o si perde di vista il concetto stesso di cane da ferma.

Collegamento, iniziativa e ordine.
Dentro al concetto di cerca utile, ci stanno i concetti di collegamento, dì iniziativa e di ordine. Dal collegamento non è lecito prescindere. Mai. Un cane da ferma caccia insieme a te, per te, al servizio del tuo fucile, o è un aggeggio cui non vale la pena di fornire vitto e alloggio per bello che sia e per quanto naso, avidità, stile abbia. Molto dipende dall'addestramento e moltissimo dal rapporto che si è riusciti ad instaurare con il cane. Ce ne sono di naturalmente collegati e sono soggetti con i quali ci si intende con un gesto ed ai quali sì può lasciare quanta briglia si crede, certi che non dimenticheranno nemmeno per un istante chi sta dietro a trepidare con la doppietta. Inutile ripetere che il collegamento non dipende dalla distanza che separa il cane dal fucile. E attenti a non confondere il collegamento con la carenza di iniziativa; qualità, quest'ultima, costituente pregio assoluto per qualsiasi razza da ferma e che il pointer può vantare di possedere in altissimo grado. L'iniziativa è la molla che spinge l'ausiliare ad estendere la cerca fino dove l'esperienza e l'istinto gli suggeriscono essere più probabile la presenza del selvatico, senza attendere ordini, senza richiedere "appoggi" che il cacciatore, al contrario deve essere pronto a concedere. Anche se sei tu a credere di menare la danza, nel vortice di un valzer devi rispondere alla pressione della partner sulla tua spalla, se non vuoi uscire di pista e se vuoi evitare collisioni che ti costringano a porgere scuse. A caccia con un pointer si balla in due e non va dimenticato, come dice Colombo, che è il cane e non il cacciatore a portare a spasso il naso. Cacciare con un cane senza iniziativa è come ballare con una bambola di pezza: tanto vale farlo da soli. E, per farlo, bisogna, prima di tutto, essere privi del senso del ridicolo. Se, a beccaccini come a starne, a cotorni come a beccacce, sei sempre tu a dover indirizzare la cerca del tuo cane, o hai sbagliato cane o lui ha sbagliato padrone. L'ordine, infine, e non da ultimo. La differenza tra una cerca ordinata e un andirivieni senza costrutto è la stessa che passa tra un brano musicale e l'accozzaglia di rumori prodotta in un'officina meccanica; con l'attenuante, per quest'ultima, che sono determinati da un'attività produttiva. Ha tante probabilità di esserti utile quanto un fucile caricato a coriandoli un cane che batte e ribatte lo stesso terreno, punta in profondità per rientrare a cattivo vento, trascura da una parte un coltivo promettente per ripassare a fondo, dall'altra, una zona in cui palesemente non può starci niente e magari ti raggiunge da dietro, con l'aria d'esser lieto di ritrovarti lì. La cerca incrociata "a lacci da scarpe", a lacet, come è invalso l'uso di dire, perpendicolari al vento, geometricamente disegnati, pressoché ugualmente distanziati e di uguale lunghezza, chiusi rigorosamente in avanti, è il modo più razionale di battere terreno omogeneo; di rigore in monocoltura. La distanza tra un lacet e l'altro, determinata dal vento, dalla qualità del selvatico e dall'intensità della sua emanazione; la lunghezza dei lacets, dall'ampiezza del terreno a disposizione; cum judicio in caso di distesa a perdita d'occhio in omaggio al concetto di cerca utile: siete lì per vagliare una plaga, non una provincia. È tanto sbagliato non pretendere l'incrocio quando è il caso, quanto arbitrario pretenderlo quando non lo è. A starne in brigata, in ampie distese di stoppie, su coppie in un mare di grano alto una spanna o a quaglie in medicaio non è lecito compiacersi d'altri sistemi ed è stupido scambiare quattro sfondoni con lodevoli iniziative determinate dai cosiddetto "senso del selvatico". Anche e persino se gli sfondoni sono coronati da successo: la selvaggina aveva la stessa probabilità di trovarsi sul terreno indebitamente trascurato ai lati. A caccia come in prove è colpevole leggerezza, quando non saccenteria da presuntuosi, giustificare un cane che, nelle condizioni suddette, non svolge cerca incrociata. Quasi sempre palesa carenza di capacità nell'addestratore o di carattere nel cane: ce ne sono che, se li si piega alla cerca incrociata, perdon mordente o si impegnano tanto ad eseguire l'esercizio da dimenticarsi di impiegare il naso e da eseguirlo diligentemente anche con vento sfavorevole. Ancora, ce n'è di quelli che non dimenticano di eseguirlo pedestramente, supinamente, quando non è davvero il caso; e li vedi battere il terreno da destra a sinistra e viceversa, tanto di qua e tanto di là, con la stessa energia e con lo stesso "passo", intersecando con indifferenza medicai, stoppie, gerbidi e maggesi. E guai a scambiare l'ordine che rende utile la cerca con il geometrico disegno con cui viene eseguita.

La Filata
Precede la ferma e consiste nell'azione che il cane compie, dopo aver avvertito, per accertarsi dell'esatta provenienza dell'emanazione. L'immagine di morbida prudenza che il termine filata richiama e che pare poco confacente con l'indole del pointer, cui si richiede di fermarsi di scatto, hanno fatto ritenere a qualche sprovveduto che il filare non gli si addica. Niente di più falso. La filata si impone, quando si impone, a tutti i cani da ferma ed il pointer la svolge inimitabilmente. Rara a vedersi su selvaggina ad emanazione contenuta, come a quaglie, particolarmente a cane fresco e ad andatura sostenuta. Si assiste, per contro, a filate superbe quando il sentore giunge da lontano a cane dotato di gran naso. A beccaccini, si vedono specialisti virare sull'argine tirando di naso, calarsi decisi in marcita, testa sopra l'orizzontale, filare a galoppo contenuto, cadere in un trotto rapido e raccorciato e bloccare di colpo, in punta di piedi, lasciando la testa lassù, su un collo teso allo spasimo per non perdere il filo carpito al vento, pur rattrappendosi ad arti flessi con un solo, rapido movimento accompagnato da una frustata di coda. Niente di più affascinante, a starne, di un pointer che lascia un lacet per salire su una ventata, mutando il galoppo allungato in una incongrua, radente, nervosa andatura che forse galoppo non è nemmeno più e che pare determinata da una spinta cui sia arduo opporsi se non con decisione improvvisa che lascia il cane immoto, con gli arti tesi a reggerlo e ad indicarti, fremente, con tutto il suo essere, dove devi attenderti il frullo.

La Ferma (1)
La ferma è frutto di reazione istintiva, radicatissima nel pointer. Un pointer che non ferma non è un pointer come non è un segugio un cane da seguita che non insegue. La ferma di scatto è conseguenza logica per qualunque cane da ferma che si trovi improvvisamente a ridosso di selvatico e risponde alla necessità di evitare lo sfrullo. Se per altre razze la si giustifica come necessità contingente, per il pointer è carattere etnico quanto la convergenza degli assi cranio-facciali e va difeso strenuamente, alle prove, ad evitare che si perda. Facile da riscontrare in cani che piombano su un'emanazione a galoppo spinto, va pretesa, per quanto possibile, anche quando la stanchezza o le asperità del terreno non consentono velocità sostenute. Non sia consentito mai ad un pointer degno di questo nome, di prodursi in ferme molli, inespressive, prive di quella tensione che si richiede ad un animale di sangue, sintomo inequivocabile di nevrilità, di grinta. In presenza di selvatico, l'espressione non deve denunciare interrogativi o dubbi, ma far trasparire inesorabile certezza. L'atteggiamento di ferma dipende, oltre che dallo stile individuale, dalle condizioni contingenti: cane che ferma di scatto si ferma come può e come si trova quando è stato folgorato dall'emanazione. Talora saltando un fosso, a metà di una folata di galoppo o mentre si imbarca di lato, e può farlo con uno o con entrambi gli arti posteriori sotto di sé, sui quattro arti tesi, o tesi solo gli anteriori e flessi i posteriori; o al contrario e non è bello a vedersi, con la groppa più alta del garrese, purché il naso sia ben proteso in avanti, se, piombato a ridosso del selvatico, ha dovuto arrestarsi, davanti al muro dell'emanazione, prima di raccogliersi per il balzo successivo. Meglio se con i quattro piedi a terra: un arto anteriore o posteriore sollevato si addice a cane che ferma morbido, anche se ce ne sono di quelli che fermano di scatto e di scatto sollevano un arto, più spesso anteriore. Più facile osservarlo in giovani alle prime esperienze, molti dei quali smettono di farlo acquistando determinazione. "Di rovescio", e strappano un oh! di meraviglia al pubblico delle prove su quaglie. Succede per lo più quando il cane supera il selvatico da presso ed è costretto ad un violento, spettacolare dietro-front, facendo perno sugli anteriori puntati a terra. Si è detto e scritto di dare al "rovescio" il peso che merita, dal momento che può trattarsi di resipiscenza, di rimedio ad evitare l'involo, messo in atto da chi poteva e doveva avvertire prima e dal momento che, se lo sfrullo non si è verificato, è spesso per benevolenza o scempiaggine di chi poteva frullare. Il che è anche vero, ma è altrettanto vero che, comunque, il rimedio è stato tempestivo e chi lo ha posto in essere ha riflessi da vendere; e non è detto che abbia dovuto rimediare a carenza propria, invece che a capriccio di vento. In ogni caso, in piedi, il pointer. Ad un pointer non è consentito fermare a terra se non per caso, quando proprio non gli è stato possibile arrestarsi in piedi: se si trova improvvisamente a ridosso di selvatico, magari bloccato di rovescio. Può trattarsi di attitudine ereditata e può esser frutto di vizio acquisito in addestramento, per cattiva digestione del comando "a terra", impartito per ottenere correttezza al frullo. Così, ci sono cani che fermano in piedi per schiacciarsi a terra un attimo dopo o all'approssimarsi del conduttore, o in fase di accostata, o, peggio, e talora in più fiate, in corso di guidata. In quest'ultimo caso, difficile dire se per vizio acquisito, per carenza di sicurezza o per tutte e due le ragioni insieme. Ci sono cani che si mettono a fermare a terra, alle prove, in piena carriera agonistica senza averlo mai fatto prima, ed è talora difficile farli smettere: può essere manifestazione di stanchezza per un gioco a lungo protratto a freddo, senza le concessioni e le gratificazioni che la caccia cacciata comporta; o può verificarsi nel caso in cui si sia stati costretti ad intervenire duramente per reprimere sopravvenute intemperanze - spesso sulla lepre - o per imporre consenso a chi non lo pratica spontaneamente o lo pratica di mala voglia. Si vedono fermare a terra pointer affaticati da ore di caccia ed appoggiarsi al terreno stremati, dopo una lunga, spasmodica attesa, con gli arti in tremito, di un padrone lontano o impegnato da un'erta spaccafiato; e si vedono, poi, riportare, reggendo a stento una preda che impedisce il respiro. Chi non prova l'impulso di abbracciare un cane siffatto non è degno di lui.

L'Accostata
Provocata dal padrone che chiede all'ausiliare di indicare di preciso dove sta quel selvatico che ha fermato, se questi non si decide a sloggiare. C'è chi la ottiene dando la raganella, facendo schioccare le dita e chi, con la doppietta sul braccio, semplicemente toccando il cane con lo stinco o, meno elegantemente, con la punta del piede. L'importante è che il cane capisca quel che gli si chiede e che sia disposto a prestarsi a muovere verso il selvatico, dopo aver appreso, qualche volta con le brusche, a restare immobile finché quest'ultimo fa altrettanto e anche dopo che si è deciso a prendere il largo. E non c'è niente che possa apparire al cane più arbitrario. A caccia, cani esperti, disposti ad aspettarti, in ferma, all'infinito, cominciano talvolta ad accostare spontaneamente appena li si affianca pronti allo sparo. Alle prove, dopo aver sentito il giudice bestemmiare un "faccia guidare", è orrenda cosa vedere il conduttore trascinare innanzi il cane per la pelle del collo o, peggio, sospingerlo da dietro con la mano o con il ginocchio ottenendo l'opposto effetto di vedere il cane impuntarsi, secondo logica e secondo quanto ... insegnato da Newton: ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Altrettanto non bello a vedersi è, alle prove, il conduttore che precede il cane per invitarlo ad avvicinare e nella speranza di provocare il frullo, spesso con accompagnamento di colpi di tosse simulanti catarro bronchiale: così facendo, si "taglia l'emanazione" davanti al naso del cane, che poi non sa più che pesci pigliare e rischia l'investimento, nel tentativo di riprendersi il filo. C'è chi ottiene l'accostata facendo scattare ripetutamente il moschettone del guinzaglio affianco al cane, provocandogli avanzamento per misteriosa associazione. Misteriosa, poi, non tanto: sento lo scatto quando mi leghi e quando mi leghi ce ne andiamo. Alle prove su quaglie liberate non è raro vedere conduttori provocare nel cane piccoli balzi battendo il piede o entrambi i piedi a terra. Il bello è che c'è chi scambia questa manfrina per guidata a strappi e ci ricama come se lo fosse; o, quel che è quasi peggio, c'è chi mette alla porta il cane per investimento, se, in concomitanza con uno dei balzelli, alla quaglia pare giunto il momento di prendere il volo.

La Guidata
È l'azione che il cane compie, dopo aver fermato, per tenere il collegamento con il selvatico che si sottrae di pedina: sentendo affievolirsi l'effluvio, procede quel poco o quel tanto che basta ad evitare di perdere il contatto. Ci si può chiedere per quale motivo si dica che il cane guida, fate conto, le starne, mentre sono loro a tirare lui per il naso e sarebbe pertanto più corretto dire che il cane guida (il cacciatore) sulle starne. Ma tant'è: il termine è entrato nel gergo venatorio e continuiamo pure così, purché sia chiaro chi è che mena la danza. La guidata deve protrarsi finché il selvatico procede e deve concludersi con altra ferma solo quando questo si arresta. Ma può accadere che la selvaggina decida di mettersi in volo senza arrestare la pedina. A caccia, l'accidente può provocare un moccolo, se il selvatico parte fuori tiro; in prova lo si è visto produrre squalifiche con la semplicistica motivazione: "il selvatico parte con cane in movimento". Lo standard definisce la guidata del pointer "a colpi di spada". Sarebbe meglio dire "a colpi di sciabola": la spada è arma da punta, la sciabola da taglio, oltre che da punta, e la guidata del pointer evoca l'immagine di sciabolate, oltre che di affondi.

Il Consenso
È ferma di rispetto: l'arrestarsi alla vista di compagno di lavoro che ha incontrato e fermato prima di lui. Serve ad evitare che, quando un cane incontra, l'altro abbia ad ostacolarne il lavoro nella delicata fase di conclusione inducendolo in errore o a guastare tutto per invidia. Ci sono cani disposti ad aspettare indefinitamente, in ferma, il cacciatore, ma non tollerano d'esser pressati da un compagno cafone, in presenza del quale forzano senza pentimenti. La selezione ha fatto sì che il consenso venga praticato spontaneamente da gran parte dei cani da ferma di buona origine, e più spesso da pointer e setter, per i quali la selezione ha operato in tal senso più a lungo e più diffusamente. A molti sarà capitato di veder consentire cuccioli di un paio di mesi su un fratellino in ferma su farfalla. È persino capitato di veder "consentire" un gatto, su altro in guato, per una sorta di consapevole imitazione, se non per collaborazione, supposto che la si possa configurare nel domestico felino. Quando non è spontaneamente eseguito, il consenso può essere imposto con l'addestramento ed anche i più riottosi finiscono quasi sempre per apprendere l'esercizio fino ad eseguirlo senza comandi e talora con tanta espressione da rendere difficile accorgersi della fatica impiegata per insegnarlo. Se eseguito a comando, risulta non sempre di grande utilità in caccia, soprattutto se richiede ordine troppo vistoso o troppo sonoro; senza considerare che non si e sempre in grado di avvistare il cane in ferma prima che lo faccia quello che dovrebbe consentire. In prove classiche ed a grande cerca è preteso consenso spontaneo. In prove di caccia il regolamento lo ammette a comando ed è difficile a giustificare le ragioni che hanno indotto i compilatori a far differenze. In ogni caso, sia comando discreto e, soprattutto, il consenso sia eseguito in modo da denunciare almeno consapevolezza, se non proprio partecipazione.

Il Riporto
Riportare la selvaggina uccisa è azione utile, denotante completezza di addestramento e spesso appagante per il cane da ferma, il cui lavoro comporta molte rinunce. È opinione diffusa che i pointer riportino male e di malavoglia per non esser stato il riporto loro richiesto, in patria, fin dall'origine. È falso e sembra che l'opinione sia stata determinata dalla frettolosa lettura del testo di Arkwright. L'autore riporta il seguente brano di Floyd (Observations on Dog-breaking, 1821): "Il mezzo migliore (quando cade un uccello) è di proibire al cane di muoversi e di tenerne uno di razza speciale, il compito del quale sarà soltanto quello di riportare la selvaggina". E continua, di suo: "Io credo che il consiglio di Floyd (guardia di Sir J. Sebright) di avere qualche altro cane per riportare la selvaggina sia incontestabile ai nostri giorni, se si desidera un lavoro veramente di prim'ordine ... Prima d'aver letto il passo su esposto, credevo d'essere l'inventore dì questo sistema che, più tardi ancora, ho trovato raccomandato dal tedesco von Flemming (1749)". Dalle affermazioni dell'autore, pertanto, è lecito dedurre che gli inglesi, nella pratica venatoria, pretendevano abitualmente il riporto dai loro pointer e non, come si vuole, il contrario. C'è chi ritiene il riporto azione servile cui non sia lecito assoggettare il nobile pointer: c'è sempre chi attribuisce i propri snobismi al proprio cane o al proprio cavallo. Sta di fatto che il pointer, come qualsiasi altro cane da caccia, abbocca con estremo godimento la selvaggina abbattuta e quando rifiuta di farlo non è per snobismo, ma perché degenerato. L'abbocco è preludio al riporto, che il pointer compie spesso spontaneamente e che si ottiene comunque con facilità, con il risultato di avere dal cane un servizio senza levargli un piacere. I pointer hanno attitudine al riporto come le altre razze da ferma. Nelle prove di caccia, quando il riporto era obbligatorio per tutti i cani qualificati, ho visto i pointer riportare bene quanto i continentali e quanto gli altri inglesi. E talora meglio, che piaccia o no, anche dall'acqua.

Il Recupero
È azione con la quale il cane ritrova selvatico ferito o comunque caduto là dove, senza il suo intervento, sarebbe difficile reperirlo. Di ben altra utilità rispetto al riporto, la capacità dì recuperare è per lo più frutto di qualità innate che l'addestramento o l'esperienza possono soltanto affinare. Ci sono corretti riportatori che non recuperano e cattivi riportatori che recuperano caparbiamente e con successo.